Leggere una grande guerra #9
"Leggere
una grande guerra" intende essere il breve spazio in cui segnalo dei
libri sulla Prima guerra mondiale. Il quinquennio 2014-18 coincide con
un lungo periodo di celebrazioni, commemorazioni ed eventi a livello
internazionale. Segnalare semplicemente dei titoli di libri, brevi o
meno brevi, passati o attuali, reperibili o non reperibili, italiani o
stranieri, può essere un buon antidoto contro le fanfare e i tromboni
che stanno pericolosamente giungendo un po' da ogni parte. Le
segnalazioni saranno sintetiche, poco più di una scheda bibliografica.
(In coordinamento con World War I Bridges).
Nelle librerie che hanno uno scaffale dedicato alla Prima guerra mondiale già da mesi si nota una calca di libri, novità, ristampe. La casa editrice il Mulino, ad esempio, ha colto l'occasione per riprendere in mano e rispolverare, senza aggiungere molto di nuovo, i propri cavalli di battaglia (anche se in questo caso l'espressione "cavalli di battaglia" potrebbe sembrare fuori luogo), studi epocali come Terra di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale di Eric J. Leed, La grande guerra e la memoria moderna di Paul Fussell, i vari libri di Mario Isnenghi o Caporetto di Angelo Gatti, mentre Bollati Boringhieri ha pensato di rendere nuovamente fruibile Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 di Leo Spitzer. Non è facile provare a dire con una nuova pubblicazione qualcosa di diverso nel suddetto panorama e non è nemmeno facile scegliere tra testi che si potrebbero pubblicare per la prima volta o ripubblicare dopo anni, se un editore non ha già dalla sua un catalogo storico che a quella guerra ha dedicato attenzione costante nel tempo. La condizione in cui versa da tempo il corso di laurea in storia è poi cosa nota. Tanta voglia di tradurre saggi stranieri passati inosservati non ce n'è e allora piuttosto si cerca (o si attende) la traduzione di quel saggio che "ha venduto bene in Francia", o di quell'altro che "venducchiato in Gran Bretagna" o di un altro ancora che ha "fatto scalpore in Germania". In fondo la fiera di Francoforte si è appena conclusa. E chissà magari quali libri ci perdiamo tra quelli che pubblicano nei Balcani sull'argomento... Mi è sembrata comunque buona l'iniziativa de La Vita Felice che in questo panorama un po' scansafatiche, fatto di schizofrenia e forse di poco coraggio editoriale, ha rimesso in circolo questo breve testo di Arrigo Cajumi. Si tratta di pochi fogli protocollo scritti di getto, ripresi in scansione alla fine del volume, ritrovati nella Biblioteca comunale di Milano tra le carte dell'autore. Il libro si intitola L'offensiva scritta col lapis (pp. 76, euro 9) e uscì per la prima volta nel 1994. Siamo alle ultime battute della guerra, tra il 22 ottobre e l'armistizio. Cajumi è un sottotenente, un "ragazzo del '99", visto che è nato a Torino proprio il 22 ottobre di 19 anni prima. Possiamo leggere questa manciata di pagine almeno in due modi: come testimonianza vivace e interrotta di quei giorni dell'offensiva finale e come testimonianza di alcuni giorni di gioventù di uno dei più interessanti e misconosciuti intellettuali italiani della prima metà del secolo scorso. (Per me inoltre è stato un modo inaspettato per ripassare i miei transiti quotidiani: Postioma, Padernello, Istrana, Cusignana, Povegliano, Arcade sono solo alcuni dei toponimi a me assai noti nominati ripetutamente dal giovanissimo Arrigo Cajumi.)
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