martedì 12 gennaio 2016

"Eredità di questo tempo" di Ernst Bloch. Un'intervista con la curatrice e traduttrice Laura Boella

Librobreve intervista #66


A ottobre scorso è ricomparsa, stavolta nel catalogo di Mimesis Edizioni all'interno della collana "Gli imperdonabili", la traduzione di Laura Boella di Erbschaft dieser Zeit di Ernst Bloch (pp. 480, euro 32). Laura Boella è docente di Filosofia Morale all'Università Statale di Milano. La sua traduzione di questo singolare testo del filosofo di Ludwigshafen apparve dapprima nel 1992, per i tipi de Il Saggiatore. All'epoca il libro comparve con una versione più libera del titolo (Eredità del nostro tempo), mentre ora si è optato per un più piano Eredità di questo tempo. Nell'intervista che segue Laura Boella si addentra in questo contributo del filosofo, un testo che al pari di Tracce, Principio Speranza o Spirito dell'utopia merita la nostra attenzione, anche per come ha attraversato gli 80 anni che ci separano dalla sua prima uscita zurighese del 1935.

LB: Eredità di questo tempo è un libro ponderoso, fisicamente ma anche metaforicamente, sin da quel titolo molto impegnativo. Eppure proprio in quella scrittura (che per Adorno rassomiglia ad "appunti in forma di concerto") mi pare di ravvisare un elemento di forte innovazione dell'eredità blochiana. Si trova d'accordo? Potrebbe avvicinare questo scritto proprio a partire da un'analisi, per forza di cose sommaria, della scrittura di Bloch, facendo anche riferimento al peculiare "montaggio" operato nel testo? 
R: Eredità di questo tempo (1935) a 80 anni di distanza più che riletto, deve essere letto per la prima volta. Si tratta di un documento di grande coraggio intellettuale - cercare di comprendere le ragioni del trionfo del nazismo "sporcandosi le mani", andando a rovistare nei bassifondi di una propaganda che, in tutta la sua falsità, riesce a intercettare la collera repressa e i sogni a buon mercato di larghe fasce della popolazione. Già Arendt diceva che pochi intellettuali tedeschi avevano letto Mein Kampf, considerandolo un libercolo di pura propaganda. Oggi che Mein Kampf esce dai sotterranei delle edizioni clandestine, dovremmo prendere sul serio lo sforzo blochiano di non chiudere gli occhi, così come non dovremmo chiudere gli occhi di fronte alla "stravolta volontà di credere" di molti affiliati all'ISIS... C'è però un altro aspetto del libro altrettanto importante. Rivelare il vero volto del nazismo e del consenso prestato dalla maggioranza dei tedeschi pone a Bloch un compito teorico, quello di trasformare in risorsa teorica e pratica la crisi del presente, l'assenza di vie d'uscita, l'imperscrutabilità delle vie del cambiamento. "Spostare le rovine in un altro luogo", "rimontare i frammenti" in modo nuovo: si tratta di un pensiero creativo che non nega la polvere, la muffa, le contraddizioni del presente, ma le rimette in gioco, rende operante l'energia di scompiglio che esse possiedono. Tutto questo si riflette nella scrittura blochiana, che non ha niente di letterario nel senso convenzionale del termine, ma procede per accumulo, per accostamento di elementi anche disparati, "stipando" il maggior numero possibile di dettagli di realtà. Certo, il primo effetto di questa scrittura è la messa in scena di una realtà in cui non sono solo i "fatti" (economici e sociali) a parlare, ma le cose più strane e infime. Basta citare una frase ricorrente: "nella miseria non c'è solo la miseria", che equivale a "l'economia non è tutto".


LB: Il libro esce a Zurigo nel 1935, emblematicamente a metà degli anni Trenta, ovvero in un decennio contraddistinto da una grande crisi a tutti i livelli della società e nella quale gli intellettuali hanno dato un grande (forse uno degli ultimi, almeno per gittata) contributo di riflessione. Nel montaggio blochiano entrano numerosissimi aspetti fra cui il suo rapporto col marxismo, la crisi della Germania, l'inevitabile confronto con Lukács e alcune formidabili intuizioni sui totalitarismi che si erano affacciati sulla storia. Come si colloca il contributo di Bloch in questa crisi in rapporto ai principali termini di confronto a lui contemporanei? 
R: Eredità di questo tempo è un libro dell'emigrazione, come tale privo di un pubblico. Gli amici che lo lessero furono sconcertati, in particolare Adorno (in foto) e Benjamin. Il coraggio intellettuale di cui ho parlato non coincide assolutamente con un preciso schieramento a sinistra: Bloch ammette di assumere una posizione marxista, ma la critica in realtà, per quanto con una certa ambiguità. Il fronte della lotta al nazismo era chiaro, ma solo l'emigrazione in URSS (con tutto il rischio di essere perseguitati anche lì) garantiva uno schieramento. Gli intellettuali tedeschi che emigrarono negli Stati Uniti diventavano per forza di cose "Impolitici". Il contributo dato da Bloch al marxismo critico verrà fuori solo dopo l'esperienza della DDR, quando egli toccò con mano i limiti alla libertà di espressione e il peso del potere burocratico.

LB: Come appena ricordato, anche Ernst Bloch fu uno dei protagonisti di quel grande flusso migratorio intellettuale che proprio negli anni Trenta raggiunge la massima intensità. Qual è il rapporto di Bloch con questo accadimento biografico e come lo muta? 
R: Principio Speranza fu il libro dell'esilio, scritto nella più totale solitudine e pubblicato nel 1955, una volta fatto ritorno in Europa. Si potrebbe pensare (con Adorno) che la speranza diventa "un principio" nel momento in cui fallisce, ossia perde il rapporto con la realtà vissuta. E' vero che Bloch non rinuncia, anche nel momento in cui l'Europa è sconvolta dai totalitarismi e dalla guerra, a pensare nei termini di una filosofia che restituisce una nuova immagine dell'umano (il non ancora cosciente), della realtà oggettiva (la realtà come possibilità), della storia (la pluralità degli scenari e dei tempi storici). Bloch è un pensatore forte, spinto da una forte fiducia nella possibilità di rinnovamento della filosofia e della sua funzione etico-pratica. In questo senso, lui fu sempre un pensatore inattuale, non allineato sull'asse del proprio tempo, ma proprio questa distanza (da noi) lo rende provocante, invita a chiedersi: fino a che punto siamo (o crediamo di essere) allineati con il nostro tempo, che tipo di presente stiamo vivendo?


LB: Il libro di cui ci occupiamo ebbe una seconda edizione 27 anni dopo, nel 1962. Le prefazioni poste davanti alle seconde edizioni sono spesso interessanti, perché accumulano e liberano alcune riflessioni sulla prima ricezione di un'opera. In merito alla ricezione di Eredità di questo tempo e in merito alle precisazioni che Bloch sente di dover fare all'inizio degli anni Sessanta, che cosa è importante evidenziare, a suo avviso?
R: Nella prefazione del 1962 (Bloch si era appena trasferito nella Germania Federale dopo la costruzione del Muro) è interessante notare come Bloch ribadisca la permanenza di un'epoca di passaggio e di transizione e con la sua solita audacia parli del passaggio a Ovest in termini di "passaggio dalla necessità alla libertà". Con buona pace dell'ortodossia marxiana!!!


B: Poniamo abbia davanti un lettore che non ha mai letto nulla di Ernst Bloch. Quale "ordine" di lettura delle opere suggerirebbe e perché? 
R: Suggerirei come prima lettura blochiana Tracce (Garzanti), peraltro collocata da Bloch stesso come primo volume delle opere complete.

LB: Una domanda "tecnica", alla traduttrice, visto che era sua anche la cura e la traduzione della precedente edizione italiana del volume, quella uscita per Il Saggiatore nel 1992: che cosa ha rivisto o cambiato rispetto a quella versione?
R: Ho corretto alcune sviste e migliorato la resa italiana del tedesco di Bloch, che è spesso difficile da rendere. Il lavoro di traduzione è per definizione imperfetto e infinito...


LB: "Uno spazio vuoto con scintille, tale rimarrà certamente a lungo la nostra situazione, ma è uno spazio vuoto nel quale si avanza senza travestimenti e le scintille disegnano a poco a poco una figura che orienta. I cammini nel mondo che affonda sono decifrabili, trasversalmente." Per concludere una curiosità su questa breve citazione scelta per la quarta di copertina: è una scelta sua o dell'editore? Grazie.
R: L'ho scelta io.

1 commento:

  1. interessante contributo, non sapevo della nuova edizione del libro. grazie.

    e

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