Glitchine è la copertina vincitrice del contest VIVERE SENZA POESIA - FASE 2: UN LIBRO SI AGGIUDICA DALLA COPERTINA, organizzato da Luca Rizzatello nel luglio scorso:
Dopo 103 copertine, è tempo di scrivere almeno un libro. Ma quale? Ho pensato di aprire le votazioni, e di scrivere il libro che riceverà più voti. Direi di fare così: se vuoi, scrivi nei commenti qui sotto il titolo della copertina che preferisci, e tra una settimana (quindi mercoledì 26 luglio 2017) si vedranno i risultati. In caso di risultati a pari merito, si andrà al ballottaggio. Il libro verrà pubblicato a puntate su Librobreve.
In quinta elementare, mentre mi spendevo nell’imitazione di Vittorio Sgarbi per la festa di fine anno nel giardino dell’istituto – sebbene nel capitolo due avessi ammesso di essermi evoluto dallo stadio bagaglino a quello di apprendista stand-up comedian, ci ero ricaduto; dopo accurate valutazioni, decisi che non era il miglior momento storico per salire sul palco con un dolcevita nero e dire a un pubblico di sei-diecenni + parenti ho una battuta in Serbo per voi –, Lorena Leonor Gallo stava tagliando con un coltello da cucina il pene del marito John Wayne Bobbitt; se l’episodio fosse accaduto con qualche giorno di anticipo, sono certo che anche i coniugi Bobbitt avrebbero meritato un posto nella recita scolastica insieme al succitato Sgarbi, a Bruno Vespa, a Chelsea Clinton e a uno sceicco del quale ho un ricordo piuttosto vago.
In un articolo su Linkedin del 2015 Donald Norman ci dice che se gli incidenti automobilistici fossero percepiti come una malattia che uccide ogni anno un milione di persone e ne rende invalide dai 20 ai 50 milioni, verrebbero presi provvedimenti per controllare l’epidemia, così la sua proposta è di velocizzare il processo di automazione dei veicoli, essendo ormai troppe le distrazioni per gli automobilisti.
Durante la benedizione della casa, il parroco di CdR mi chiese se avessi mai pensato di entrare in seminario, perché secondo lui ero portato. Io lì per lì non dissi niente, ricordandomi di quando un padre salesiano mi raccontò una storia edificante che vedeva come protagonisti la madre di un giovane e un prete; il quale, in un colloquio con la donna, la invitava a mandare il figlio in seminario. Non ricordo se fosse volontà del giovane entrare in seminario e il prete stesse intercedendo per lui, oppure se il prete stesse facendo di testa sua, fatto sta che la risposta della madre fu una cosa come piuttosto morto. La storia finisce proprio come stai pensando.
Se incrocio questi due pensieri, ne emerge un terzo, che mi vede alla fermata del 38 in via Saffi a Bologna, per andare a lavorare in libreria. Sulla facciata della chiesa di fronte era appeso uno striscione recante la scritta fate quello che vi dirà. Questa frase la dice Maria alle maestranze, nel Vangelo di Giovanni, perché è andata a un matrimonio, e siccome hanno finito il vino, va da Gesù, pure lui invitato, per spiegarli l’inconveniente; Gesù lì per lì prende le distanze, la chiama addirittura donna – a chi non è successo che tua madre da Sisley insista oltremisura per comprarti quella camicia ocra – ma poi il miracolo lo fa, e quello è il suo primo miracolo eccetera, proprio come quando sei mesi dopo l’ocra torna di moda e tutti ti fanno i complimenti, e tua madre non la ringrazi.
Qualche giorno dopo sarei partito per il campo estivo a Sappada, consapevole che l’angelo della morte mi avrebbe potuto stanare anche lì. Alcune proiezioni: il volo della corriera dal viadotto, il morso di vipera durante l’escursione, l’albergo in fiamme; invece no. Al posto dello Sterminatore, l’autunno mi portò la cassettina duplicata di Hit Mania Dance, e l’ansia per la prima media.
(Qui tutti i capitoli di Glitchine.)
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