lunedì 11 dicembre 2017

"Il modo di dire addio" di Leonard Cohen. Conversazioni sulla musica, l'amore, la vita

Musicali pretesti #16

Di tanto in tanto, una notizia su un libro e un brano da ascoltare, al libro collegato.


Mi pare che la casa editrice Il Saggiatore offra delle garanzie a chi cerca una proposta varia e sensata in più ambiti. In un panorama fatto di libri che si parlano addosso, di imitazioni e scimmiottamenti affannati, di pochissima autocritica, di tentativi poco convinti o di gadgettizzazione del libro e della sua promozione, in questa casa editrice permane un approccio consapevole alle specificità del fare editoria. Non si tratta di un approccio snob o nobilitante come quello di certi Re Mida dell'editoria (quei Re Mida hanno le mani fragili e i piedi gonfi, l'avranno capito ormai!), bensì una consapevolezza della strutturazione della proposta costituita dal catalogo, dove convivono novità, riproposizioni e innesti del tutto nuovi, all'insegna di una logica di prodotto attenta a tutti gli aspetti della filiera. Rimanendo al solo ambito musicale, sono ormai molti i titoli che questa casa editrice offre, dall'opera al folk, dai compositori contemporanei al rock. Uno sguardo agli scaffali musicali di una libreria discretamente fornita è sufficiente per rendersi conto di ciò. Tra gli ultimi arrivati vi è anche Il modo di dire addio di Leonard Cohen (pp. 651, euro 28). Il volume è a cura di Jeff Burger, porta un'introduzione di Suzanne Vega ed è stato tradotto in italiano da Camilla Pieretti. Gli affezionati dei Baustelle si rallegreranno dello scritto di Francesco Bianconi in apertura. E proprio il suo scritto, una lettera indirizzata a G., va diritto al punto di questo libro sostanzialmente costruito attorno alle varie interviste rilasciate da Cohen nei decenni. L'intervista è un genere giornalistico strano, uno strumento difficile da usare; oggi rischia di banalizzarsi a ogni passo e Cohen di sicuro non è sempre a suo agio. È sufficiente ascoltare le sue canzoni per capire che un artista con quella voce doveva in qualche modo stare veramente male dentro la modalità intervistatoria che si dipana attraverso una cinquantina di colloqui inediti in Italia. Di qui la violenza delle interviste, di cui scrive Bianconi, e di qui anche la vergogna del sentirsi uomini, che a volte passa come un ago per le canzoni, le poesie e i romanzi del nostro canadese per il quale tutto è illusione e solo l'amore è realtà. Non credo serva scrivere molto altro, se non ricordare la disponibilità di questo volume ora tradotto in italiano.

Non sapendo decidere tra cotanta discografia, per oggi la scelta del brano risponde a un criterio banale e perfino stupido: l'ultimo brano dell'ultimo disco pubblicato da Cohen,"You Want It Darker". String Reprise / Treaty è, come il titolo dice, pure una "reprise" di un brano del disco.  Il mio criterio di scelta stupido e banale non ha però portato male.



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