"al cor gentil ratto s'apprende" è il titolo dello spazio che Librobreve dedica alle poesie inedite. Qui si ospitano testi che probabilmente andranno a costruire nuovi libri di poesia. Si propone come rubrica di solo testo, priva di foto glamour degli autori. L'unica immagine rimarrà quella del ratto qui sopra, identificativa di ogni post, un portafortuna che dedico agli ospiti. La pubblicazione avviene su invito e pertanto non ha senso inviare i propri testi all'autore del blog se non vi è stato prima un dialogo e accordo tra Alberto e chi ha scritto le poesie. Non ho previsto commenti o preamboli ai testi. I lettori invece possono commentare.
Testi di Federico Zuliani (Milano, 1983) dalla raccolta inedita Autopsiai (sezione X).
3.
da Cristina
Campo
Fra 10.000 anni popoli studiosi affermeranno
certi, che io e te, per l'uno e per
l'altra, non siamo stati niente.
Sepolti a 20.000 miglia, divisi
negli indumenti, nei monili, negli
Dei tutelari con cui siamo stati inumati.
Più che la distanza però, è il tempo
che divide le coppie, che rende vani
i giuramenti presi; la morte è essere
dimenticati
come antenati, non avere più nessuno che ci
reclami a sé.
Presto, crescerà l'erba sulle tue guance, ma
un giorno
sarà il tempo degli scaffali, e delle teche.
***
4.
Il mio Dio è oggi una fortezza espugnata.
***
5.
Per anni, senza saperlo, abbiamo
preso lezioni di lingua morta
dai cugini, dai commessi, dalle madri,
dai camerieri immersi in vecchie divise,
pure dalle camiciaie intente a fumare.
Ci siamo concentrati sui modi
sui nomi adatti alle varie occasioni
per poi scoprirci afoni nei commissariati,
al momento di cercare una macchina nuova
o quando in coda ci passano innanzi.
Dobbiamo affidarci così ad interpreti
- spie assuefatte alla delazione -
a cui lasciamo tradire i nostri pensieri
o adattarli, al bisogno degli altri, alle
regole, a noi ignote, delle loro grammatiche.
***
7.
Non ho avuto un padre che nelle torbiere
mi insegnasse ad usare la zappa e il badile.
Mio padre viaggiava ed io, per me,
ho scelto piuttosto la vita delle stanze, e
dei libri.
Pensavo di fuggirgli, e non ho compreso,
al tempo, che stavo scegliendo d'essere lui.
Mi è toccato infatti l'esilio e, qui, i libri
si perdono
si lasciano indietro, insieme agli amici,
e ai figli, nella divisa stirata delle scuole
degli altri.
Oggi che sono fuggito ancora una volta
e che sono tornato alle stanze a giornata
non mi rimane nulla, esattamente, così come
non è rimasto nulla a lui, che ora sopravvive
solo
nelle fotografie affisse sui cassettoni, nel
ricordo
sbiadito dall'avvicendarsi dei giorni.
Piuttosto, avremmo dovuto, io e lui,
accettare
di portare il badile; affidarci, da subito,
alla terra
nostra, e scura, senza aspettare, che ci
venisse
a prendere dopo, quella che è propria degli
altri,
e che ha già i suoi, a cui dar sepoltura.
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